Corpi in rinascita. I lavori corporei ed espressivi in Psicoterapia della Gestalt.

di Massimo Figliolia

Quando parliamo di “corpo”ci riferiamo spesso, più o meno inconsciamente, ad un’entità separata da quella che di solito chiamiamo “Io”. Parliamo del “nostro” corpo come se questo fosse un oggetto che ci appartiene. Ma appartiene “a chi”? Ed ecco che da questa semplice analisi linguistica viene fuori lo storico dualismo cartesiano, la scissione tra mente e corpo che nella cultura occidentale è entrata a far parte del nostro modo abituale di rappresentarci e di raccontarci:
“La frattura più profonda, da lungo tempo radicata nella nostra cultura e di conseguenza data per scontata, è la dicotomia mente/corpo: la superstizione che esista una separazione, ancorché una interdipendenza, di due diversi tipi di sostanza, quella mentale e quella fisica. Noi siamo organismi, noi non abbiamo un organismo. Siamo un’unità integrale, ma abbiamo la libertà di astrarre molti aspetti da questa totalità. A-strarre, non sot-trarre, separare.”
Tale scissione diventa reale a livello inconscio, con il risultato che non riusciamo più ad ascoltare,realmente, il nostro corpo. Non riusciamo a sentir-ci più, e, dal momento che questo corpo rappresenta -in sostanza – tutta la nostra persona, tale stato di “anestesia” ci porta direttamente a dimenticare “chi” siamo, la nostra reale identità.
Se non ascoltiamo più il corpo, allora a chi ci riferiamo quando diciamo “Io”? Quando diciamo “Io”, quello che stiamo ascoltando ed esprimendo sono il più delle volte soltanto i nostri pensieri, quello chesentiamo passareall’interno della nostra testa.Pensieri che restano come in una dimensione parallela, staccata dal corpo. Pensieri che lentamente diventeranno il “racconto” che facciamo di noi stessi, un racconto fatto di parole vuote, lontane dal sentire e dal corpo.
La buona notizia, però, è che anche il corpo ha una sua memoria, una memoria molto più radicata di quella che pensiamo.
In psicoterapia della Gestalt il “corpo” non è separato da quello che noi chiamiamo “Io”.Esso è il luogo di espressione della propria vitalità, del proprio essere al mondo. Mente e Corpo sono considerati elementi di un’unica entità.
Il corpo racconta una storia che è quella che ci portiamo dalla nascita. Riconoscere questa storia vuol dire riappropriarsi del proprio corpo, vuol dire riconoscerele “maschere” che ci portiamo dietro come copioni di vita, racconti fasulli di noi stessi che nel corpo assumono la forma di veri e propri “abiti su misura”.
Esistono parti di sé che seppur rimosse dalla consapevolezza, continuano a vivere,sepolte nella memoria del corpo. È proprio così che traumi, stili di relazione, modalità di essere al mondo ed emozioni represse, concorrono a formare una corazza che lentamente può far morire questo corpo fino a spegnerlo, per così dire. Il dolore inespresso e le ferite non elaborate porteranno inevitabilmente a questo, ma la buona notizia è cheun corpo bloccato può ancorarinascere…
Storicamente, in Psicoterapia della Gestalt si utilizza l’arte come strumento di terapia. Il teatro, ad esempio, che già da sempre esprime la sua potenza curativa dell’anima, influenzò sia lo psicodramma di Moreno che la terapia della Gestalt di FritsPerls. Ancora, la Gestalt utilizza alcune tecniche a mediazione artistica che includono un lavoro corporeo, come ad esempio la danza.
Attraverso i lavori corporei ed espressivi in Psicoterapia della Gestalt è possibile recuperare le parti di sé che sono state dimenticate eriportare alla luce la storia del corpo.
Avendo provato in prima persona questo tipo di lavori, partecipando a dei Laboratori Espressivi in cui erano impiagate Tecniche a Mediazione Artistica , riporterò in questo articolo anche le emozioni e i vissuti che ho sperimentato, cercando di creare un ponte tra la teoria di queste tecniche e la pratica che ho vissuto “nel corpo”.
Il vantaggio di un lavoro corporeo ed espressivo rispetto ad una psicoterapia tradizionale è quello di avere un accesso diretto, immediato, a queste parti di sé sconosciute. La rinascita del corpo,che giàavviene in psicoterapia nella costante interazione tra paziente e terapeuta, in questo tipo di lavori risulta estremamente tangibile, in un contesto dove i corpi sono letteralmente messi in gioco, sperimentatinella relazione con più persone, e nella presa di consapevolezza di ciò che avviene in tale relazione.
In Psicoterapia della Gestalt,abbiamo a disposizione una moltitudine di esercizi che utilizzano il lavoro corporeo e le tecniche a mediazione artistica. Quello che vorrei sottolineare, al di là delle varie tipologie esistenti, è l’immediatezza con la quale è possibile raggiungere un contatto autentico con sé stessiecon l’altro.
Una di questetecniche a mediazione artistica utilizza i principi di base della danza. Questo tipo di tecnica ha il privilegio di permettere l’esplorazione, “in vivo”, dell’intimità con l’altro.
Con la guida dellopsicoterapeutai partecipanti vengono gradualmente accompagnati alla scoperta di vari aspetti di sé, dell’altro, e della relazione tra sé e l’altro. Può essere esplorato cosa ci ostacola, ad esempio, in una relazione intima: ripensando alla mia esperienza, posso ricordare i fantasmi, i blocchi, le paure, gli automatismi, i pregiudizi, vissuti direttamente nel corpo e con il corpo, che ho prima sperimentato nella relazione con l’altra persona, e che ho poi portato alla consapevolezza tramite la verbalizzazione e i feedback di gruppo.
Ancora, grazie a questa tecnicaè possibile esplorare, in vivo, parti del proprio corpo che sono inconsapevolmente“chiuse” alla relazione con l’altro: parti che respingono, che siproteggono dall’intimità, e che racchiudono in sé paure, pregiudizi, fantasmi, che spesso ci portiamo dietro fin da bambini. L’esplorazione con il corpo permette di portare immediatamente alla consapevolezza questi vissuti, di rielaborarli in vivo nella relazione con l’altro fino ad arrivare anchead una loro possibilità trasformazione. Con “possibilità di trasformazione” intendo dire che è davvero possibile sperimentareuna relazione più autentica e viva con l’altra persona, fatta di una verità che è resa possibile in primis dal contesto protetto del gruppo di psicoterapia.
Diventa così possibile, tangibile e corporeo, sperimentare con l’altra persona una nuova intimità, un’intimità vera, che parte da due soggettività autentiche che per la prima volta si conoscono “senza maschere” ed entrano in relazione.
Far cadere la “maschera”, svelare il “gioco”, è uno dei risultati del lavoro corporeo di coppia, in psicoterapia della Gestalt. Mache cos’è che agevola tutto questo processo?
Prima di introdurre un’altra tipologia di esercizi, vorrei puntare l’accento su quelli che credo siano i presupposti di base, imprescindibili, per questo tipo di lavori.
Il primo elemento fondante per questo tipo di lavori è il clima, o meglio, il “campo”.Il compito dello psicoterapeuta è innanzitutto quello di creare nel gruppo un clima confortevole ed uno spazio protetto. I componenti del gruppo devono“sentire” di essere protetti nella loro privacy e devono “sentire” di essere realmente accolti e tutelati all’interno del gruppo. Il clima di gruppo e la disponibilità reale del terapeuta ad accogliere i vissuti dei partecipanti, sono elementi imprescindibili per un lavoro sul corpo, o per meglio dire, “con” il corpo. Ribadisco l’accento sul “sentire” perché anche in questo caso sto parlando di un clima e di un’accoglienza che può essere sentita solo con il corpo. Diventa allora di cruciale importanza per lo psicoterapeuta quella di essere il primo ad essere capace di “sentire” questo “campo”.
Dopodiché, riferendomi ai lavori che ho sperimentato, vorrei puntare l’accento sulla “leggerezza”, e sulla modalità con la quale accedere a determinati vissuti.
La “leggerezza” è un altro elemento cruciale in questi lavori di psicoterapia. Essere leggeri in psicoterapia della Gestalt è, paradossalmente, una cosa molto seria. In Gestalt la leggerezza e l’ironia sono considerate diametralmente opposte a quelle che comunemente chiamiamo “superficialità” e “sarcasmo”. Riuscire ad essere leggeri ed ironici vuol dire essere, prima di tutto, fuori dal giudizio. I pensieri autogiudicanti sono una delle cose che più di tutte bloccano la libera espressione di sé e del corpo. Ecco allora che in Gestalt la leggerezza e l’ironia vengono in soccorso proprio per puntare l’accento su questo: un atteggiamento del terapeuta non giudicante e accogliente. Leggerezza significa essere realmente disposti, amorevolmente, ad accogliere le resistenze dell’altro, le sue paure, i suoi punti deboli, i suoi difetti, i suoi “mostri”. Leggerezza in Psicoterapia della Gestalt significa accogliere l’altro così com’è. Significa, in termini rogersiani, la vera accettazione incondizionata dell’altro. L’ironia concorre allo stesso scopo: far sentire l’altro accolto, non giudicato; serve a trasmettere all’altra persona la consapevolezza ed il permesso che è davvero possibile scherzare con i propri limiti, con i propri difetti e le proprie paure e resistenze. È davvero possibile uscire fuori dagli schemi e per una volta, accettarsi così come si è, senza più giudicarsi.
La leggerezza e l’ironia permettono all’altra persona di “disidentificarsi” dai suoi giochi di copione. Permettono all’altro di trovare una nuova via per raccontarsi, per rappresentare sé stesso.
Questo è l’atteggiamento di base dello psicoterapeuta della Gestalt, e per essere tale, per arrivare realmente al non-giudizio, passando per la leggerezza e l’ironia, occorrono anni di formazione personale e di psicoterapia. Occorre aver imparato in prima persona a non giudicarsi, ad essere auto-ironici e auto-accettanti.
Una volta stabilito qual è il clima, e quale debba essere l’atteggiamento di base del terapeuta, vorrei soffermarmi su un’altra modalità con la quale può avvenire il contatto.
Un’altra tecnica a mediazione artistica che è possibile impiegare in Gestalt è quella dello psicodramma gestaltico, che come abbiamo accennato deriva dall’arte del teatro: sperimentare ruoli, personaggi, tramite le drammatizzazioni di gruppo, permette di accedere anche qui con immediatezza a dei luoghi sconosciuti del nostro corpo.
Lo psicodramma gestalticopermetteai partecipanti ad esplorare “in vivo” varie parti di sé, stili di relazione, ecc., tramite la drammatizzazione di una scena e l’identificazione con un personaggio.
Una delle principali formule, impiegate per facilitare l’emergere dei vissuti e la messa in gioco autentica dei partecipanti all’esplorazione delle proprie parti, è quella del “come se”: un tipo di consegna che “invita”i partecipanti a lasciarsi andare al gioco autentico, protetti dall’illusione che quello che metteranno in scena è soltanto una finzione, attraverso la quale verrà fuori qualcosa che – paradossalmente – è molto più “vero”. La consegna del “come se” permette, a livello inconscio, che i partecipanti si diano il permesso di sperimentare parti di sé che fino a quel momento erano assopite, mettendo “in scacco”la propria parte censuranteche normalmente limita l’espressione e il libero fluire dell’energia.
Una delle caratteristiche più importanti in questo genere di esercizi è la formula del “gioco” con la quale vengono proposti. Anche qui, credo che non si possa prescindere da tale presupposto, proprio perché ho avuto modo di testarne la sua efficacia in prima persona.
“Giocare” mi ha aiutato a stare con l’imbarazzo del mettermi in scena, a stare con la fatica dello scoprire parti di me che non mi piacevano. Giocare mi ha fatto scoprire la bellezza dell’essere leggeri con sé stessi, con i propri difetti. Mi ha aiutato ad essere un po’ più auto-ironico e non giudicante verso me stesso. Ecco perché considero il gioco in Gestalt una grande potenza terapeutica.
Vorrei ribadire, infine, quello che ho imparato dal lavoro corporeo ed espressivo in Psicoterapia della Gestalt. Esprimersi attraverso il corpo e con il corpo, significa divenire consapevoli delle proprie emozioni nel qui ed ora, riconoscere i propri vissuti e farli emergere, parlare, danzare,ed esprimere. “Ascoltare il proprio corpo”, diventa così, semplicemente, ascoltar-si, ricordare di “essere corpo”.
Liberarsi dagli antichi blocchi, far rinascere il corpo, equivale a scoprire nuove parti di sé, non solo a livello cognitivo, ma anche e soprattutto a livello fisico: equivale a sperimentare emozioni mai provate prima, parti del proprio corpo che se prima apparivano senza vita, ora iniziano a vibrare, ad accogliere vita e ossigeno. Un processo che spaventa, meraviglia ed emoziona. Per esempio, ho scoperto parti del mio viso che prima mi apparivano sconosciute, muscoli facciali che prima non sentivo; una nuova postura, che prima non conoscevo; nuovi modi di muovermi nello spazio e nella relazione con l’altro, che prima non mi davo il permesso di esprimere.
Anche lavoce, che segue i tortuosi percorsi del nostro corpo e che abita in esso, può avere una nuova dimora. Essa può risuonare più libera, aperta, fluida, diretta. Spesso non occorrono tecniche che lavorino “sulla” voce, mettendo altre sovrastrutture mentali a quelle che ci siamo già creati da soli. Posso dire che anche la mia voce ha subito un cambiamento, dopo questo genere di lavori. Posso sentire la mia voce più libera, piena; posso sentirla vibrare nel mio corpo come non avevo mai sperimentato prima.
Un corpo in rinascita è per me un corpo consapevole della propria storia, dei propri vissuti, ma soprattutto un corpo che è consapevole nel qui ed ora, di quello che gli accade in questo momento.
Per riportare un ultimo esempio della mia storia, ho sperimentato il cambiamento del mio “sospiro”. Spesso, in gruppo, facevo dei lunghi sospiri senza capire da dove venissero fuori. Questo “sospiro fine a sé stesso”mi scrollava di dosso solo un po’ di fatica emotiva, ma rimaneva come una valvola di sfogo di un’energia ancora sepolta nel mio corpo e alla quale non avevo ancora dato il permesso di esistere. Dopo il lavoro di psicoterapia, ho scoperto che quel sospiro, che adesso potrei chiamare un “sospiro più consapevole”, contiene in sé mille parole, che liberate generano ogni volta un’energia nuova, che prende vita propria e mi fa scoprire nuovi mondi, nuove parti di me, nuove cose che ho da dire e che ho imparato a darmi il permesso di dire. Tutto questo, ancora una volta, grazie al corpo, al “mio” corpo.

Bibliografia
– Francesetti G. Il dolore e la bellezza: dalla psicopatologia all’estetica del contatto, Palermo, 2011;
– Perls F., L’approccio della Gestalt. Testimone oculare della terapia, Astrolabio, Roma, 1977;
– Perls, Hefferline&Goodman: Teoria e pratica della Terapia della Gestalt, Astrolabio, Roma, 1971;
– Perls F., L’io, la fame e l’aggressività. Franco Angeli, Milano 1995, traduzione di Mario Polito e Maria Clelia Fabris da Ego, Hunter and Agression: A Revision of Freud’sTheory and Method, George Allen &Unwin, Londra 1947 (1969);
– Perls F., La terapia Gestaltica parola per parola. Astrolabio, Roma 1991, traduzione di Bernardo Draghi da Gestalt Therapy Verbatim, Real People Press, Moab, Utah, 1969.


Commenti

Lascia un commento